Romano De Marco - Ferro e fuoco

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Juan Galvez
00domenica 22 marzo 2009 13:56


Mi ricordo infine di postare anche qui le mie impressioni sull'esordio di Romano. Ed è un bell'esordio. Senza fronzoli, è un action thriller molto action e molto thriller, ma senza alcun scadimento nella banalità. Ambientato in una Roma apocalittica - per quel che vi accade e come vi accade - e scena di una rappresentazione di violenze di segno opposto e ugualmente cieche, non compie analisi sociali del fenomeno, ma sa sempre suggerire al momento giusto la radice possibile di certi moventi: senza esagerare; e soprattutto senza psicologismi di maniera. Progettato come primo di una serie, presenta nel vigore della tipizzazione del protagonista, il capitano dei Carabinieri Rinaldo Ferro, il meglio della serialità: caratterizzazione netta e decisa; un personaggio costruito ad arte per il suo ruolo; una dimensione eroica estremizzata fin quasi al superumano. Ferro è persona sgradevole, seppure a tratti appaia migliore di quanto parole, comportamenti, azioni, lo mostrino; persona sgradevole ma personaggio realizzato a puntino: centro nevralgico di una vicenda programmaticamente sopra le righe, è la figura più eccessiva e perciò più naturalmente calata in essa. Più ancora della letale Shin Yu, che per molti versi appare troppo influenzata dalla milleriana Elektra (l'amore di Romano per il fumetto americano supereroistico si fa in alcuni momenti palpabile oltre il necessario), e quindi troppo fuori posto in una Roma iperrealistica e apocalittica quanto si vuole, ma pur sempre ben presente nel tessuto narrativo della storia. E questo, sia come città vera e propria che come capitale burocratica di uno stato bizantino nei suoi processi amministrativi: la sorta di extraterritorialità di azione concessa al capitano Ferro affonda le sue radici in quella zona grigia che sono le istituzioni più equivoche della nostra repubblica, ma la completa o quasi inosservanza delle regole da parte di Ferro e dei suoi appare in contrasto con le ambiguità ovattate che spesso derivano da tali anfratti in ombra pur senza mancare per questo di ferocia. Il personaggio del capitano è in sé più aderente al tipo di estremizzazione della storia: rustica, ruspante nel miglior senso della parola. Che Romano si ispiri al miglior cinema poliziottesco anni '70 (ben assimilata ispirazione, non banale citazionismo o peggio coloritura referenziale dei dialoghi) è infatti evidente, ma certi passaggi e certe caratterizzazioni - certa indubbia epicità che a tratti si rivela - mi hanno fatto pensare anche ai personaggi bigger than life di John Milius (a parte pennellate del cinema di arti marziali): l'ambiente latamente familiare che ruota attorno al protagonista è caricaturalmente bigger than life, di quella caricatura che è sottolineatura qualificante in senso appunto epico. O meglio ancora, epicizzante. Ugualmente tipizzati, e non meno bigger than life i due "scudieri" di Ferro, i marescialli Moroni e Cianfrocca: umanizzati senza mai scadere nella macchietta dalla veneticità del primo e romaneschità del secondo.

Accanto al protagonista c'è una protagonista; diversamente da Ferro, il commissario Laura Damiani appare molto più un essere umano reale: la sua caratterizzazione non ha nulla di eccessivo, e la sua evoluzione nel corso di un racconto concitato fino alla frenesia è condotta con sicurezza e padronanza dei risvolti psicologici, in special modo il progressivo contemperarsi della sua personalità e della sua ottica di poliziotto con quelle di Ferro, in apparenza irriducibili. Poi, se son rose fioriranno in futuro. A conti fatti la commissaria è il personaggio più interessante dal punto di vista squisitamente letterario; e la valvola di trasmissione tra le emozioni della storia e quelle trasmesse al lettore; i suoi aspetti di forza e debolezza non appaiono forzati o semplicemente resi necessari dallo sviluppo della trama, e si presentano invece con naturalezza come proprii.

Terzo polo della vicenda sono gli avversari, i quattro uomini che mettono appunto a ferro e fuoco la città. Romano è abile a creare delle individualità, minime ma ben riconoscibili, per ciascuno. Ma ancora più abile è nella caratterizzazione del gruppo e delle sue dinamiche criminali e criminogene. Ambizioni da Banda della Magliana e vita privata e forma mentis da massacratori del Circeo: i quattro sono un concentrato di barbarie e ferocia che, inevitabilmente, sconfina nella stupidità. C'è un passaggio del Padrino di Mario Puzo dove è rievocato il percorso di affermazione di don Vito sulla scena criminale, e quivi è raccontato di come agli inizi della sua potenza un gruppo di irlandesi fosse stato vicino a spazzarne via l'organizzazione con "la forza del puro impeto della verde Irlanda"; ecco i quattro Cavalieri dell'Apocalisse come inevitabilmente li rinomina la stampa, di puro impeto fanno tremare l'intera città, come volessero abbatterla a spallate - o fotterla a sangue direbbero loro. Ambizioni da Banda della Magliana, appunto, e mentalità da barbari sanguinari come quelli del Circeo. E imbecillità sufficiente a crederci. Un ritratto steso con accuratezza e privo tanto di consolazione o di indebite scusanti quanto viceversa di una rappresentazione da fumetto della Golden Age. Accuratezza che si ritrova nell'uso di una lingua perfettamente adattata al ritmo e alla tipologia della storia senza mai farsi sciatta; anzi sempre ben controllata.

In sintesi, un eccellente libro di genere, che nobilita il genere. E che lascia vedere capacità che promettono di evadere da quelli che troppo spesso finiscono per essere i limiti del genere.

V.
greta68
00lunedì 23 marzo 2009 08:59
pag. 70 circa...
[SM=x315304]
Mickex
00venerdì 15 maggio 2009 15:21
Ciao ragazzi,
è tantissimo che non entravo qui e guarda che bella sorpresa.
Complimenti Romano.

Come si può reperire questo libro?
[SM=x315308]
greta68
00venerdì 15 maggio 2009 16:12
nei gialli mondadori
oppure mandami un mess che ti contatto con Romano se non hai la mail
87distretto
00martedì 6 ottobre 2009 19:04
Ferro e Fuoco
Ritrovare Romano in un giallo mondadori è stata una piacevolissima sorpresa.
Inizialmente sono rimasta un po' spiazzata dalla violenza, ma poi mi è bastato ripensare ai fatti della UNO BIANCA ed ai SAVI che qui a Bologna di "casini" ne hanno fatti parecchi e tutto ha acquistato un senso diverso.
Nel manoscritto originale c'era qualche dialogo in più in romanesco e a mil giudizio se ne è sentita parecchio la mancanza.
Bravo Romano, continua così.
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