[PC] Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth

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Lucathegreat
00giovedì 22 febbraio 2007 18:34
I dig her batrachian lips
Her bulbous eyes and scaly hips
She's got secrets but they'll soon be mine
Oh Father Dagon smiles upon me from the bas-relief
And something's fishy down at Devil Reef!


The Darkest of the Hillside Thickest – “The Innsmouth Look”


Prendete un pentolone.
Fatto? Bene.
Ora inseriteci dentro una dose abbondante di Resident Evil 4 condito con pizzichi di Silent Hill e Metal Gear Solid e aggiungete all’impasto le parti migliori di Eternal Darkess e Turok 2.
Mescolate vigorosamente.
Versate il tutto sui Miti di Cthulhu e lasciate raffreddare.
Quello che ne verrà fuori potrebbe essere un gioco scialbo che pesca a piene mani dai titoli citati poco sopra, risultando ridicolo e assolutamente non originale.
Beh, sì. Potrebbe.
Ma potrebbe anche risultare un FPS tanto coinvolgente e divertente quanto spettacolare, che amalgama tutte le caratteristiche peculiari di quei giochi in maniera pressoché perfetta.
Ed è proprio questo il caso di Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, sviluppato da Headfirst Productions/Bethesda e pubblicato da Ubisoft.



“Il sentimento più forte e più antico dell' animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell' ignoto.”

Jack è un investigatore privato.
Era il migliore, nel suo campo. Finchè non ha messo piede in quella casa di Boston abitata da fanatici seguaci religiosi dal grilletto facile. Lì ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere (e ha sentito qualcosa che non avrebbe dovuto sentire? –cit.-), e che l’ha segnato per sempre.
Che cosa, di preciso, non lo sa neanche lui.
Sa solo che dopo quell’episodio, ha passato sei anni della sua vita ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Arkham. Ma a parte sporadici e confusi flashback, non ha alcun ricordo di quei sei lunghissimi anni bui.
Che è successo realmente?
E’ ormai il 1922. Jack trascura il lavoro e si arrovella giorno e notte, cercando di ricordare, di dare un senso a quell’insolita amnesia.
Senza risultato.
Finchè un giorno riceve una telefonata di un tizio.
Un cliente.
Dopo tanti anni, un cliente.
Arthur Anderson, il titolare della catena di empori First National. Chiede a Jack di cercare una persona. Un ragazzo, per la precisione. Brian Burnham, il suo nome. Lavorava come commesso in uno degli empori, situato in un’anonima cittadina di pescatori nel Massachusetts. E’ stato accusato di aver rapinato il suo proprio negozio e di essere scappato.
Normale amministrazione, per un detective.
Abbastanza controvoglia, Jack si reca a Innsmouth – questo il nome della cittadina, affiancata dal fiume Manuxet e situata nei pressi del cosiddetto Scoglio del Diavolo – per fare qualche indagine. Ma l’accoglienza che riceve non è delle migliori.
Gli abitanti non amano che qualche straniero vada in giro a fare troppe domande.
Anzi, non amano gli stranieri in generale.
Se Jack fosse Dylan Dog, avrebbe il quinto senso e mezzo in fibrillazione. Non lo è, ma ciò non gli impedisce di farsi delle domande.
Che fine ha fatto Brian? Ha davvero rapinato il suo stesso negozio per poi fuggire senza lasciare tracce? Qual è il motivo dell’ostilità di quegli innocui pescatori? Che segreto nascondono? E che cos’è l’Ordine Esoterico di Dagon, che pare abbia sede proprio in quel di Innsmouth? E la famiglia più potente della zona, i Marsh, cos’ha a che fare con questa storia?
Jack non trova risposte, sul momento.
E così inizia ad investigare…

Questa, in sostanza, la trama di partenza così come viene presentata nei primissimi minuti di gioco.
Dopo un rapidissimo prologo all’interno della casa dei seguaci, utile più che altro per prendere confidenza con i comandi, il gioco si sposta poco dopo quei famigerati 6 anni, con Jack che riceve la telefonata di Anderson e si reca nella ridente cittadina di Innsmouth.
DCOTE ricalca quindi, come prevedibile, la trama di “La maschera di Innsmouth” di Lovecraft, ma lo fa in maniera del tutto inedita. Va da sé che chiunque conosca la storia saprà già bene o male cosa aspettarsi, ma i ragazzi di Headfirst hanno lavorato sodo e ci hanno inserito (molto) del loro, inserendoci pure parti del gioco di ruolo di CoC, per scombinare ben bene le carte in tavola e non rendere il gioco una mera trasposizione del racconto.



E’ tutta una questione di controllo.

Per quanto riguarda i controlli, nulla da dire.
Sono perfetti.
La combinata classica mouse + tastiera funziona alla grande ed è incredibilmente fluida, come è giusto che sia in un FPS.
Jack può saltare e accucciarsi, ma stranamente non esiste un tasto predisposto alla corsa. Poco male comunque, il nostro eroe è discretamente rapido anche mentre cammina.
I due pulsanti del mouse servono rispettivamente a mirare e a sparare, mentre la rotellina (o i numeri sulla tastiera) per cambiare rapidamente armi.
Degna di nota la presenza di un tasto Stealth, la cui funzione sarà spiegata nel paragrafo apposito.
Controlli che sono comunque, come sempre, personalizzabili in base alle esigenze e i gusti di ognuno.



Non dimentico mai un’interfaccia, ma nel tuo caso farò un’eccezione.

La cosa che salterà immediatamente all’occhio del giocatore sarà l’assoluta mancanza di qualsiasi cosa somigli a un’interfaccia. Quindi scordatevi pure barre di energia, magia, sanità mentale e contatori di proiettili vari.
E scordatevi pure la mappa, perché come la zona sarà sconosciuta per Jack, lo sarà anche per voi, costringendovi a fare affidamento soltanto sulla memoria per orientarvi.

Parlando delle condizioni fisiche, l’unico modo per conoscerle sarà quella di aprire l’apposito menu che funge anche da inventario.
Oppure di vedere e sentire.
Sì, perché, per aumentare l’effetto di immedesimazione del gioco (come se già una visuale in prima persona non fosse abbastanza), i danni che subirete influiranno inesorabilmente sul vostro modo di camminare o di impugnare la pistola. Una caduta vi ha spezzato una gamba? Camminerete lentamente, strisciandola e gemendo. Spezzate tutte e due? Ancora peggio, farete difficoltà pure a reggervi in piedi. Graffi sul viso? Lo schermo presenterà spesso e volentieri chiazze rosse e la vostra vista sarà offuscata. E via dicendo.
Bene o male ogni parte del corpo può essere soggetta agli attacchi dei nemici, e ognuna avrà quindi un effetto immediato sulle azioni che compirete.

Ogni danno sarà poi accompagnato da inevitabili commenti sonori che spaziano dal classico rumore molliccio di passi fatti con una gamba spezzata, ai commenti di Jack, che gemerà rendendovi partecipi del suo dolore e informandovi quindi del fatto che le sue condizioni non sono delle migliori, esortandovi a porvi rimedio.
Non solo i nemici potranno danneggiarvi, tuttavia. In DCOTE non mancheranno zone a rischio sature di vapore o altre sostanze, che a lungo andare vi offuscheranno la vista fino a portarvi alla morte.

In generale, per curarvi dovrete trovare dei kit medici sparsi qua e là. Ogni kit includerà un numero predefinito di bende, antidoti e suture, per far fronte alle difficoltà che incontrerete. Oggetti che, tuttavia, potrete realisticamente trasportare soltanto finché c’è posto.
Per sapere cosa applicare e dove, basterà far riferimento alla “tabella della salute” nella schermata di cui sopra. Ogni volta che verrete feriti da qualche parte, la casella apposita si illuminerà di rosso, e cliccandoci sopra si applicherà il medicinale adatto.
Processo di cura che comunque non è immediato, ma richiede giustamente del tempo. Maggiori le ferite e la loro intensità, maggiore il tempo di recupero necessario.
Va da sé che mentre si rattoppa, Jack è assolutamente vulnerabile agli attacchi ed è impossibilitato a difendersi, quindi è consigliabile medicarsi in zone sicure da ogni pericolo.
Se proprio non è possibile farlo si può ricorrere all’uso della morfina, che vi verrà fornita in quantità illimitata fin dall’inizio del gioco.
Usandola non sentirete alcun dolore per un determinato periodo di tempo, ma il rovescio della medaglia è un aumento spropositato delle distorsioni visive e della perdita di percezioni.
Utile per fuggire da situazioni pericolose ma assolutamente sconsigliato, come ogni medicinale, abusarne.

La limitazione che vale per i medikit vale anche per i proiettili, che sono tra l’altro in quantità parecchio limitata. Quindi dimenticate le centinaia di munizioni accumulabili nei vari Resident Evil, qui c’è un numero massimo oltrepassato il quale non potrete più portarne.
Indubbiamente più realistico, anche se comunque le 5-6 armi trasportabili contemporaneamente rimangono.
Ma non si può avere tutto, su.



This isn’t really happening!

Come già detto, le condizioni fisiche di Jack influiranno su ciò che vedrete sullo schermo e su come lo vedrete. La stessa cosa vale per le condizioni mentali.
Se infatti la visione di un cadavere ridotto a brandelli o di una creatura che sfida le leggi della creazione non fa alcun effetto a gente del calibro di Chris Redfield, lo stesso non si può dire del nostro prode detective, per nulla avvezzo a simili visioni.
Osservando immagini per così dire “disturbanti”, la sanità mentale di Jack comincerà a vacillare. Il suo cuore comincerà a battere molto più velocemente, il respiro si farà affannato, biascicherà frasi sconnesse e la follia comincerà pian piano a farsi largo nella sua mente, alterando la sua percezione visiva.

Cosa che tra l’altro vi verrà pure ironicamente sottolineata nella schermata iniziale del gioco, con una scritta informativa che vi farà presente che distorsioni della realtà e dello schermo non sono causati dalla vostra scheda video o dal monitor, ma dai mistici poteri del Grande Cthulhu.
Dannato polipone.

Niente curiose e a volte esilaranti allucinazioni stile Eternal Darkness quindi, ma più che altro variazioni di percezione e di visualizzazione, che per la cronaca si verificheranno anche in altri casi più tranquilli, come ad esempio le vertigini guardando in basso.
Però in fondo, se all’inizio ho detto che questo gioco prende forti spunti anche da Silent Hill, un motivo ci sarà no? Ma non dico di più per non rovinare la sorpresa a futuri giocatori.

Sanità mentale che chiaramente non è fine a sé stessa.
Provate ad osservare qualcosa di estremamente disturbante (cosa che in DCOTE davvero non manca) o a stare in una particolare stanza per un prolungato periodo di tempo, avendo tra le mani la pistola carica.
Devo dirvi come andrà a finire?

Per riprendersi è solitamente consigliabile distogliere immediatamente lo sguardo, magari accucciandosi tranquilli tranquilli in un angolino con lo sguardo rivolto verso il muro.
Cosa che chiaramente non sempre è possibile.



Du iu spic inglisc?

Parlando del comparto sonoro, affermo senza dubbio che è stato fatto un buon lavoro. Non eccezionale, ma buono.
Il gioco non è in italiano, né come doppiaggio né come sottotitoli, ma sinceramente non è una perdita così grave. Le uniche lingue presenti sono inglese, francese e tedesco.
Il doppiaggio inglese è la parte migliore, incredibilmente ben realizzato. Ogni stato d’animo è sottolineato da efficacissime e convincenti sfumature di voce che ricordano spesso quelle del mai troppo citato (e ottimo) Eternal Darkness.
Sottotitoli comunque quasi obbligatori in quanto molto spesso, specialmente nella prima parte del gioco, Jack e altri personaggi parleranno in slang americano molto stretto (a volte persino di ardua comprensione) oppure con curiosi accenti gutturali, dovuti ai più svariati motivi.
Proseguendo però non saranno più così necessari.
Per capirci, si parlerà di meno e si sparerà di più.

Le musiche nel complesso sono buone, avvolgono discretamente bene ogni ambiente facendo risaltare l’atmosfera (inquietante), ma senza particolari melodie che rimangono nella testa. Niente “Hyrule Field” o temi in stile Gregson-Williams, quindi.
Nota a parte però per quanto riguarda la canzone tipicamente anni ’20 “Smile at me baby” (che ricorda tantissimo “Sonny Boy” di Al Jolson, presente dei credits del bellissimo film Jacob’s Ladder, ispiratore – guarda caso – di Silent Hill), brevi parti della quale sono udibili in alcune scene, molto d’effetto soprattutto per quanto riguarda il contesto in cui è ambientata. E’ forse la parte migliore del comparto sonoro.

Per quanto riguarda gli effetti sonori, l’ambiente è ottimamente rappresentato da onde che si infrangono sugli scogli, vento che soffia lugubre e garriti di gabbiani nella notte illuminata dalla debole luce della luna. Che poeta, huh?
Effetti che comunque verranno inevitabilmente distorti in base alla situazione e alla sanità mentale di Jack, rendendo l’atmosfera ancora più allucinata e coinvolgente.
Degno di nota anche il fatto che l’effetto sonoro delle armi varia in base al tipo di materiale colpito. Muri, lamiere, legno… ognuno con un suo proprio effetto realistico e riconoscibile.
Piccoli tocchi di classe.



Anche l’occhio vuole la sua parte.

Nonostante DCOTE fosse in sviluppo già da parecchi anni e non necessiti affatto di PC di ultima generazione per funzionare a dovere, la grafica è sorprendentemente buona.

Gli effetti di luce sono realizzati magistralmente, e tra tutti ritengo doveroso menzionare almeno quelli riguardanti fuochi, lampade e vetrate illuminate dalla luna con le conseguenti ombre spettrali proiettate sulle pareti, che contribuiscono non poco ad accrescerne l’atmosfera realistica ed inquietante.

Le texture sono forse la punta di diamante del gioco, realizzate con precisione certosina, quasi maniacale. Le vetrate, i motivi delle varie tappezzerie, i mattoni dei muri, le lamiere, le reti da pesca, e poi tocchi di classe come le finestrelle che si muovono debolmente col vento, le piccole falene che svolazzano attorno a una lampada a olio… tutti perfetti al minimo dettaglio, tanto che spesso ci si fermerà solo per ammirare più da vicino lo splendido lavoro svolto.
Gli ambienti complessivamente sono una gioia per gli occhi, nonostante la perenne oscurità. Come per Silent Hill, infatti, la maggior parte delle zone sarà al buio, illuminata da lampioni o da fonti di luce più svariate. Nulla di grave comunque, si riesce senza troppi problemi a distinguere le cose, e se non si riesce, vuol dire che non è importante.

I volti dei personaggi sono molto espressivi nella mimica e nei gesti, soprattutto quelli degli abitanti di Innsmouth. Curiosamente, forse quello riuscito meno è quello di Jack.
Ma in fondo fa nulla, non si vede praticamente mai tranne in qualche sequenza video e nel menu dell’inventario.

I filmati, infine, sono realizzati utilizzando la grafica in-game e contengono sempre quel tipico effetto dei film vecchi, vale a dire quelle linee verticali statiche e sfrigolanti. Tanto per far capire ancora di più (come se le automobili, i vestiti e le armi non fossero abbastanza) in che epoca il gioco sia ambientato.



Chi va piano, va sano e va lontano. Più o meno.


Parlando un po’ più in dettaglio del gameplay, DCOTE è strutturato a livelli lineari ma che permettono una notevole libertà d’azione.
Tra un livello (ma potremo anche chiamarle “sezioni” di un unico grande livello che è Innsmouth) e l’altro il gioco effettuerà un auto-save temporaneo che vi permetterà di riprendere da quel punto in caso di morte. Attenzione, temporaneo. Per salvare effettivamente il gioco in uno dei numerosi slot disponibili dovrete trovare dei graffiti bianchi a forma di occhio, dipinti più o meno dappertutto con cadenza più che regolare.

La prima parte è quella in cui il gioco dà effettivamente il meglio di sé, risultando quasi sempre claustrofobica e inquietante, anche in casi in cui – effettivamente – non sta succedendo proprio nulla. Ma ce lo si aspetta.
Ce lo si aspetta e non si sa se, e quando, questo qualcosa avverrà.
Perciò si procede con cautela, a tentoni, quasi timorosi della prossima mossa da fare. Non aiuta ovviamente il fatto che per buona parte dell’avventura sarete completamente disarmati.
Eh sì, Jack non ha proprio pensato di portarsi dietro qualche arma, in fondo che poteva esserci di pericoloso in un pacifico e sonnolento villaggio di pescatori?

Come detto fin dall’introduzione, tra i giochi “ispiratori” di DCOTE c’è anche il buon vecchio Metal Gear Solid, con la sua componente stealth.
Nel corso di tutta l’avventura in quel di Innsmouth, non saranno poche le occasioni in cui sarà prerogativa assoluta quella di non farvi assolutamente vedere e di sgattaiolare via nascondendovi dietro casse e in angoli bui.

A tal proposito è stata appunto introdotta la funzione Stealth, richiamabile mediante un pulsante apposito, nella quale Jack tratterrà il fiato e camminerà il più lentamente e silenziosamente possibile per non farsi scoprire dai nemici che pattuglieranno le varie zone.
L’IA è comunque nel complesso discretamente buona, non eccelsa ma neanche scadente.
Per intenderci, se passate davanti a dei nemici, anche a distanza, vi vedranno e cominceranno a corrervi incontro sbraitando bene o male le stesse frasi dei contadini di RE4. Se gli passate dietro senza far alcun rumore, no.
Va da sé che se sparate vi sentiranno, e essendo normalmente in numero più che abbondante, non avranno solitamente alcuna difficoltà a sopraffarvi a meno che non siate pesantemente armati, quindi è sempre consigliabile fare le cose in silenzio e con calma per evitare morti premature (che comunque non mancheranno).
Anche la semplice ricarica della pistola, se fatta a due centimetri da un nemico, lo metterà in allarme.

Fasi stealth che comunque si concentreranno di più nella prima parte dell’avventura, dove saranno obbligatorie (almeno fino a quando non riuscirete a mettere le mani su una cosa qualsiasi in grado di sparare…) , ma ciò non vuol dire che poi non ce ne siano o che siano meno rischiose, anzi.



Chi la dura la vince!

Uno degli aspetti peculiari di DCOTE è la presenza di numerosissime situazioni che oserei dire “disperate”.
Non voglio entrare nel dettaglio per non rovinare la sorpresa (e guai a farlo!), mi limito a dire che non saranno pochi i casi in cui dovrete fare e rifare lo stesso punto (solitamente abbastanza breve) per decine e decine di volte, vuoi perché non avrete la mappa che vi dirà dove diamine andare, vuoi perché il tempo sarà contro di voi, vuoi per altri motivi… insomma, in questi momenti morirete spesso e volentieri, almeno fino a quando non saprete alla perfezione cosa fare e dove andare per salvarvi la pellaccia.

Cosa che in altri giochi potrebbe frustrare, ma non qui.
Non particolarmente almeno.
Sia perché come detto sono sempre sezioni che una volta conosciuto il meccanismo si superano in un paio di minuti al massimo, sia perché prima e dopo una di queste c’è sempre un tanto agognato autosave o un save point (che sono comunque fortunatamente molto frequenti in quasi tutto il gioco), sia perché sono così dannatamente piene di azione e divertenti.
Sì, perché la cosa che personalmente più mi ha colpito di DCOTE è il fatto di essere praticamente pieno di situazioni (e ambientazioni, non scordiamolo) differenti, una più coinvolgente e frenetica dell’altra.
Utilizziamo ancora il paragone con RE4, in quanto in fondo è quello a cui somiglia di più.
Avete presente?
Le trappole coi massi, la lotta a coltellate con Krauser, il carrello della miniera, lo scontro con il Verdugo, quello con il mostro lacustre e molte altre… momenti inediti e freschi, che hanno contribuito ad assicurare il successo del gioco e a renderlo divertente a ogni nuova partita.

Ecco, senza presunzioni di sorta, DCOTE è più o meno uguale, solo che si vivono in prima persona (con l’agitazione e la distorsione visiva di Jack e quindi la vostra) e a conti fatti non sono poi così tanti. Ma sono esaltanti e contengono particolari parecchio originali, esattamente come nel titolo Capcom.
Ed è questo quello che conta.
Affrontando questo gioco, non potrete permettervi il lusso di tirare il fiato.
Mai.

Con la saga di RE, DCOTE condivide anche la passione per gli enigmi.
Non mancheranno casi in cui vi dannerete l’anima nel tentativo di cercare di capire che cosa cavolo fare per proseguire, per poi battervi la mano sulla fronte e dire “Ma sì! Che scemo!” quando finalmente lo capirete (perché prima o poi lo capirete, senza ombra di dubbio e senza guide di sorta). Indizi per risolvere queste parti vi verranno comunque forniti nel corso del gioco, ma non sempre sarà lampante il modo in cui interpretarli, costringendovi a ragionare non poco.
E poi diciamocela tutta, per sentire Jack dire “Yeah, I did it!” con un tono soddisfatto e compiaciuto vale la pena scervellarsi un po’.

Da notare anche il fatto che in alcuni punti del gioco sarà necessario, prima di poter proseguire, vedere una determinata zona o sequenza che magari potrebbe esservi sfuggita, inutile per il momento ma fondamentale poi. Quindi, se non riuscite a entrare in un ascensore pur potendo, non è colpa di un bug come potrete pensare.



Il fiore nel deserto?

Per concludere, finalmente dopo tanti anni e tanti giochi bene o male scadenti, ecco un prodotto lovecraftiano al 100%, fatto come si deve, attinente al racconto, coinvolgente e divertente come pochi altri.
La longevità non sarà il massimo (una decina di ore di gioco EFFETTIVO la prima volta, senza contare tutti i tentativi fatti nelle parti di cui sopra), ma i 4 livelli di difficoltà (sbloccabili) e il solito sistema di ranking a-là Resident Evil (necessario per ottenere un finale più lungo) la aumenta non poco.
Consigliatissimo sia a tutti gli estimatori di Lovecraft, che in DCOTE troveranno una miriade di citazioni dai suoi più disparati racconti, che a tutti quelli che di Lovecraft non hanno mai sentito parlare ma adorano semplicemente i giochi horror e pieni d’azione. Giocateci, divertitevi e, se poi sarete incuriositi, procuratevi i racconti dello scrittore di Providence e immergetevi nelle sue atmosfere fantascientifiche e allucinate.

DCOTE va comunque suo malgrado ad arricchire il già tristemente ricco campionario di semi-sconosciuti capolavori snobbati dalla maggior parte dei giocatori, tra i quali è doveroso ricordare perle del calibro di Beyond Good and Evil e Psychonauts tanto per dirne due.

Per la cronaca, La Headfirst aveva in programma altri due titoli ispirati ai Miti di Cthulhu, più precisamente “Beyond the Mountains of Madness” e “Destiny’s End”, ma con il loro scioglimento probabilmente, e purtroppo, non li vedremo mai.
DCOTE resterà quindi l’unico superstite di questo sfortunato ciclo di giochi che avrebbe potuto, e dovuto, avere dei seguiti ad altissimo potenziale?
A Dagon l’ardua sentenza.




Requisiti minimi:

SISTEMA OPERATIVO: Windows 98SE/Millenium Edition/ Windows XP/2000
PROCESSORE: Pentium III 800 Mhz RAM: 256MB raccomandati
SCHEDA VIDEO 3D: Scheda Video Direct3D con 64 Mb di Video RAM compatibile con DirectX 9.0 (Scheda video Geforce 4MX non supportata)
DIRECT X: DirectX 9
LETTORE CD-ROM: 16X
SCHEDA AUDIO: 100% Compatibile DirectX 8.1
HARD DISK: 2.0GB spazio libero per l’installazione
RISOLUZIONE DESKTOP: Minima 800X600 / 16-bit colore

Schede video supportate all'uscita:

Serie ATI Radeon 7500/8500/9000/X
Serie Nvidia GeForce 3/4/5/FX/6/7 (GeForce 4 MX non supportata)

[Modificato da Lucathegreat 22/02/2007 18.35]

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